Pagelle Il Lombardia 2018, Pinot sfata il tabù classiche – Nibali rinasce, deludono Valverde e Bardet
Thibaut Pinot (Groupama-FDJ), 10: Spezza l’incantesimo con la Classica delle foglie morte e quello con le Monumento incorniciando un finale di stagione davvero d’oro. Con i panni del favorito scomodamente indossati da mercoledì, ha il merito e l’ardire di muoversi da lontanissimo, intuendo la minaccia portata da Nibali. I fatti gli danno ragione e nel finale gli “basta” valorizzare la condizione di cui dispone, decisamente migliore rispetto a quella degli avversari, per arrivare a dama. Che dire: dopo aver cestinato il Giro d’Italia a un passo dall’obiettivo podio, si è rifatto decisamente con gli interessi.
Vincenzo Nibali (Bahrain-Merida), 9,5: La fotografia di una carriera: dove non arrivano le gambe, sopperiscono idee e talento. Se il colpo di pedale non è, e non può essere, ancora quello dei giorni migliori, la determinazione per non sprofondare nell’anonimato è encomiabile e lo porta a un passo da un trionfo che avrebbe avuto del clamoroso. Come spesso ha abituato a fare nel passato in questa corsa, si muove da lontano e cede fisiologicamente nel finale. Ma non fino al punto di scendere dal podio, sul quale sale attaccando nuovamente non appena raggiunto. Anche alla soglia dei 34 anni si può salire sui trampolini di (ri)lancio.
Egan Bernal (Sky), 8: Dodicesimo al traguardo, migliora di un posto il risultato di un anno fa. Ma non è certo questo l’aspetto sul quale soffermarsi. A soli 21 anni, alla seconda classica della sua carriera, per giunta disputata sulla scia di due mesi di inattività, conferma di avere una classe e un motore fuori dal comune. Il suo attacco in discesa è tanto intelligente quanto spettacolare e, sebbene lo porti a spegnersi nel finale, consegna alla storia della corsa un gesto tecnico di livello assoluto. In futuro, ad altre condizioni, questa corsa potrà davvero essere sua. Ingiudicabile la performance di Gianni Moscon, incapace di tenere le ruote di Pinot e Nibali prima del Gpm della Colma di Sormano e tagliato definitivamente fuori da ogni discorso da una foratura.
Dylan Teuns (BMC Racing Team), 7,5: Alla seconda partecipazione nella corsa, dopo il 70° posto ottenuto tre anni fa, si toglie la soddisfazione di salire sul podio. Per sua stessa ammissione non aveva le gambe per seguire Pinot e Nibali sul Muro di Sormano, ma nel finale non si limita ad agire di rimessa. Ci prova prima in falsopiano e poi sfrutta il suo discreto spunto veloce per ottenere il decimo piazzamento tra i primi tre di un 2018 che consegna alla sua biografia senza successi. Sottotono invece un Alessandro De Marchi (5,5) incapace di confermarsi sui fasti delle ultime apparizioni.
Franco Pellizotti (Bahrain-Merida), 7,5: Sul Muro di Sormano si mette in testa al gruppo a vedere “lo strano effetto che fa” la sua faccia agli occhi degli avversari che tra qualche mese non se lo troveranno più intorno. Interpreta l’ultima apparizione della sua carriera con l’applicazione di un neoprofessionista e con la brillantezza di chi avrebbe ancora tanto da dare. Decisivo per le sorti della corsa di Nibali (al pari di Domenico Pozzovivo e Ion Izagirre, 7,5 ad entrambi), mantiene le energie per concludere la sua nella top 30.
Umberto Orsini (Bardiani-CSF), 7: In fuga nella prima Classica che disputa in carriera, si toglie anche la soddisfazione di transitare per primo sul Ghisallo. Tra gli attaccanti della prima ora nota di merito anche per Davide Ballerini (Androni Giocattoli-Sidermec, 6,5), che nobilita un eccellente finale di stagione e anticipa il passaggio nel World Tour mettendosi in mostra anche nell’ultimo appuntamento dell’anno.
Daniel Martin (UAE Emirates Team), 7: Giunto all’appuntamento con più dubbi che certezze, si conferma un fondista di lusso sfoderando una prestazione che avrebbe sicuramente meritato un riconoscimento migliore del nono posto finale. Sul Civiglio è sua l’unica accelerazione concreta tra gli inseguitori, ma il successivo tratto in discesa gli impedisce la rimonta su Nibali e gli vale quella (subita) dagli inseguitori, vanificandogli di fatto le speranze di tornare sul podio di una corsa già conquistata in passato. Non pervenuto, invece, Fabio Aru (5), che taglia il traguardo oltre 8 minuti dopo il vincitore.
Tim Wellens (Lotto Soudal), 6,5: Se le pendenze della Colma di Sormano non somigliassero a quelle di un garage, c’è da scommettere che la distanza dal traguardo non lo avrebbe scoraggiato e lo avrebbe portato a seguire Pinot e Nibali. Invece il belga è costretto a correre di rimessa, palesando però una condizione decisamente migliore rispetto a quella con la quale si è presentato a Innsbruck. Prova la rasoiata prima del Civiglio, resiste anche sulle ultime asperità e ottiene un quinto posto finale che lo conferma particolarmente adatto a una prova che chiuse 4° già nel 2014.
Rafal Majka (Bora-Hansgrohe), 6,5: Nel gruppo degli umani che provano a rientrare su Pinot e Nibali è tra quelli che provano a non arrendersi passivamente al destino. Interessante la sua azione sul Civiglio, neutralizzata però dalla massiccia presenza di Bahrain-Merida nel drappello al suo inseguimento.
Rigoberto Uran (EF-Drapac Cannondale), 6: Dopo quanto visto sul San Luca e alle Tre Valli Varesine, e memori della sua esibizione nella prova datata 2016, era lecito attendersi di più. Il colombiano, la cui sufficienza è giustificata solo dal quarto posto finale, non è invece mai nel vivo di una corsa che subisce e che interpreta di rimessa nonostante il gran lavoro che si sobbarca Daniel Martinez (6,5) per riportarlo a tiro dei primi.
Primoz Roglic (LottoNL-Jumbo), 5,5: Gli si riconosce il merito di aver acceso la miccia per primo, ma la sua condotta tattica è disastrosa. Non riesce a fare il vuoto (impensabile riuscirci su pendenze del genere) sul Muro di Sormano, dove si intestardisce spendendo inutilmente una quantità di energie che gli manca nel tratto decisivo della corsa. Conferma un’idiosincrasia con le corse di un giorno che solo una maggiore esperienza nell’esercizio potrà mitigare.
Michael Woods (EF Drapac-Cannondale), 5: Il podio di Innsbruck è oggi il podio della delusione. Concorre ad occuparlo anche il canadese, terzo non più tardi di tredici giorni fa nella prova iridata, correndo in maniera anonima e facendosi notare soltanto per un tentativo di contropiede in falsopiano prima dell’imbocco del Civiglio. Decisamente troppo poco per chi di pane per i suoi denti, nel menu odierno, ne trovava davvero in quantità. Nel finale ha però l’attenuante di un inconveniente meccanico che lo taglia fuori dai giochi in discesa.
Alejandro Valverde (Movistar), 5: La maglia pesante che indossa non equivale a un passepartout. Se mai al Lombardia aveva fatto centro, la colpa non può allora risiedere soltanto nelle energie (soprattutto mentali) dissipate nelle due settimane che hanno fatto seguito alla sbornia di Innsbruck. Quella del murciano è una corsa di pura sofferenza: si salva con troppe difficoltà sul Muro di Sormano, naufraga sul Civiglio quando mancano ancora 16 chilometri. Per sfatare la tanto chiacchierata “maledizione della maglia iridata” l’appuntamento è al 2019. Con la certezza che non impiegherà molto a riuscirci.
Adam Yates (Mitchelton-Scott), 5: Non sorprendono le inquadrature a fondo gruppo, almeno fino a quando non si capisce che la scelta è stata sostituita dalla necessità. Dopo aver chiuso la Vuelta in crescendo, ci si attendeva decisamente di più. Esce però ridimensionato dal tandem Mondiale-Lombardia.
Jakob Fuglsang (Astana), 4,5: Senza Miguel Angel Lopez era il capitano unico della formazione kazaka. Trascorsi, prestazioni recenti e attitudini su percorsi duri, strizzavano l’occhio a un buon piazzamento. Invece chiude 21° e con oltre un minuto e mezzo di ritardo dal compagno di squadra Dario Cataldo (6,5), anticipando di qualche ora le ferie.
Bauke Mollema (Trek-Segafredo), 4,5: Dopo l’affermazione ottenuta meno di una settimana fa al GP Beghelli, incappa in una giornata no chiudendo addirittura al 64° posto una corsa che, ad onore del vero, non ha mai amato particolarmente e dalla quale è sempre stato ricambiato con la stessa moneta.
Wilco Kelderman (Sunweb), 4: La presenza di Michael Storer (6,5) nella fuga del mattino e quella di diversi compagni di squadra in testa al gruppo prima del Ghisallo, lasciava presagire velleità belliche da parte del sesto classificato nella Tre Valli Varesine e alla Milano-Torino. E invece chi l’ha visto? Il 48° posto finale sentenzia lo scarso feeling tra il neerlandese e le corse di un giorno.
Romain Bardet (Ag2R La Mondiale), 4: Tra i favoriti della vigilia è il primo ad alzare bandiera bianca. Non riesce a seguire il passo imposto da Pellizotti sul Muro di Sormano, perde oltre un minuto dai migliori e paga dazio anche alla sfortuna, che si manifesta sotto forma della tracolla della reflex di un tifoso che gli si incastra nel manubrio facendo rivivere (per fortuna con esiti diversi) gli spettri dell’Alpe d’Huez. Evita la caduta, ma non un flop sul quale mette lo zampino anche un principio di bronchite.
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